Il calo della natalità è un grande problema del nostro tempo. Ma qual è il modo più efficace per affrontarlo? In cosa dovrebbero investire i governi? Congedi di maternità e paternità? Bonus bebè? Copertura delle spese di riproduzione assistita?

L’Economist Impact ha da poco pubblicato “Fertility policy and practice: a Toolkit for Europe” (“Politiche e pratiche sulla natalità: un Toolkit per l’Europa”), un rapporto che fornisce ai politici europei una serie di evidenze da utilizzare come base di discussione per l'elaborazione di politiche mirate ad affrontare il calo dei tassi di fecondità e aiutare le persone a realizzare i propri progetti familiari.
Ogni giorno in ogni parte del mondo i politici devono fornire risposte e azioni a una serie infinita di questioni; scegliere a cosa dare la priorità, come affrontare ciascun tema, quanti soldi investire in una politica o in un’altra. Nella maggior parte dei casi i problemi sono ricorrenti nel tempo e nello spazio, il che significa che probabilmente la maggior parte di essi è già stata valutata e affrontata in passato, o in qualche altro Paese. Poter accedere a questo pregresso è utilissimo: i “toolkit” – “bignami” con raccolte di competenze, conoscenze, procedure e pareri di esperti su un particolare argomento – servono ai decisori politici (almeno, a quelli seri) poiché riassumono ciò che è già è stato fatto e ha dimostrato di funzionare (o meno); forniscono un ventaglio di vecchie e nuove idee tra cui ciascun politico può scegliere ciò che ritiene più opportuno, che corrisponde ai suoi valori e obiettivi.
Nel caso di questo toolkit sul tasso di natalità, la primissima ricerca si è concentrata sui paesi asiatici (tra cui Giappone, Taiwan, Cina, Vietnam, Tailandia, Malesia e altri), che stanno vivendo cambiamenti demografici significativi, spesso inattesi. Il Toolkit sul tasso di natalità nella regione Asia-Pacifico è stato pubblicato dall’Economist Impact nel 2023, e poco dopo è uscito anche un "pagellino": «Abbiamo esaminato cosa i Paesi di quella regione stanno effettivamente facendo in concreto, quali politiche hanno messo in atto» spiega Emily Tiemann [nella foto sotto], manager dell’Health Policy Team dell’Economist Impact: «Abbiamo confrontato nove paesi, assegnando punti aggiuntivi in caso avessero politiche più generose a favore della famiglia».

E poi, l'anno scorso, la ricerca si è allargata all'Europa: «Abbiamo pensato che sarebbe stato utile guardare anche ai Paesi europei, e fare un Toolkit europeo». Parte dei contenuti del Toolkit si concentra sull' «identificare quali politiche hanno funzionato, quali sono sostenute dalla base di evidenze più ampia, quali sono quelle più economicamente sostenibili». E l'altra parte consiste nel raccogliere commenti e idee da un gruppo di esperti.
Nove esperti in particolare sono stati coinvolti nel Toolkit dedicato all'Europa: il professore norvegese Arnstein Aassve del Dipartimento di Scienze sociali e politiche dell'università Bocconi di Milano; Willem Adema, senior economist del Dipartimento Politiche sociali presso la Direzione per l'occupazione, il lavoro e gli affari sociali dell'Ocse; David Coleman, professore emerito di Demografia all'università di Oxford; Bart Fauser, professore emerito di Medicina riproduttiva all'università di Utrecht e al Centro medico universitario di Utrecht; Geeta Nargund, fondatrice e direttrice medica di abc IVF e di CREATE Fertility, nonché consulente capo del servizio sanitario nazionale per la medicina riproduttiva presso il St George's NHS Trust; Satu Rautakallio-Hokkanen, direttrice generale di Fertility Europe; la professoressa Anna Rotkrich, direttrice dell'Istituto di ricerca sulla popolazione di Väestöliitto, la Federazione finlandese delle famiglie; il professore ceco Tomáš Sobotka, vicedirettore dell'Istituto viennese di Demografia dell'Accademia austriaca delle scienze; e la nostra Eleonora Voltolina, fondatrice di questa iniziativa, The Why Wait Agenda, e direttrice dell'associazione Journalism for Social Change.
«Volevamo che il Toolkit fosse modellato con competenze regionali, coinvolgendo persone attive nel campo della fertilità e delle politiche a favore della famiglia in Europa. Penso che qui stia davvero il nocciolo di gran parte della ricerca che facciamo: è molto basata sui dati, ma ancor più importante è coinvolgere un gruppo eterogeneo di voci importanti in questo spazio, al vertice del loro campo, e che siano da tempo al centro della discussione», afferma Tiemann: «Queste persone possono condividere con noi ciò che hanno sentito e visto», in questo caso «quelli che identificano come i problemi più specificamente “europei”: è fondamentale avere una varietà di prospettive e di provenienze geografiche in modo da avere la più ampia panoramica possibile».
Ecco perché il panel comprende esperti di demografia, operatori sanitari, associazioni che rappresentano i pazienti infertili, attivisti. Le loro opinioni, dati e analisi contribuiscono a demistificare la debordante retorica sul calo della natalità; e a sottolineare quanto sia importante questo argomento, che al pari della democrazia e del cambiamento climatico è una delle sfide più grandi del nostro tempo. «A volte si parla del calo dei tassi di natalità e la gente dice: "Oh, è una buona notizia! Sai, per l'ambiente"», concorda Tiemman: «Ciò di cui le persone non si rendono conto è che l'andamento demografico è la faccenda più seria che dovremo gestire in futuro. Le persone invecchiano, poiché l'aspettativa di vita è in aumento, e non ci sono abbastanza giovani per sostenere le generazioni più anziane. Dobbiamo pensare a lungo termine: questo è un problema generazionale, e prima iniziamo ad affrontarlo, prima potremo forse vedere qualche cambiamento e miglioramento».
Questi toolkit sulla natalità sono stati supportati da Merck, una grande azienda attiva soprattutto nei settori delle scienze della vita, della salute e dell’elettronica. «Merck è interessata a indagare i motivi per cui le persone scelgono di avere figli più tardi – cosa questo significa per la società, per l'economia. Sono da tempo focalizzati su queste tematiche: abbiamo iniziato a lavorare con loro su questo già nel 2018», racconta Emily Tiemann.
The Economist Impact fa parte dell'Economist Group, insieme ad altre tre divisioni: la ben nota rivista, ovviamente, e poi l'Economist Intelligence Unit «che fornisce alle aziende analisi dei dati su abbonamento», come sintetizza Tiemman, e l'Economist Education Foundation «che si occupa di corsi e risorse educative». The Economist Impact è «il ramo di ricerca sponsorizzata dai clienti dell'Economist. Siamo una sorta di think tank, ma abbiamo anche molte competenze mediatiche». Le quattro divisioni sono «tutte sotto lo stesso marchio, e abbiamo tutti le stesse linee guida: l'indipendenza è trasversale a tutto il gruppo».
Quindi, anche quando l'argomento viene scelto da un'azienda – in questo caso, Merck – e la ricerca viene pagata da quest'ultima, il risultato «è completamente indipendente dal punto di vista editoriale, perché è basato sulla ricerca. Ciò significa che è affidabile, nel senso che non viene influenzato in alcun modo da altre forze esterne», sottolinea Tiemann: «Abbiamo linee guida molto rigide su come lavoriamo, sul tipo di progetti che accettiamo di portare avanti: vogliamo fare solo cose che abbiano un impatto. Parliamo a un pubblico globale e influente: il marchio Economist gode di molta fiducia tra le persone».
L’obiettivo finale del Toolkit è mostrare ai policy maker «le barriere che le persone si trovano ad affrontare, e cosa si può fare per cercare di ridurre alcuni di questi ostacoli e colmare il fertility gap che è di fronte ai nostri occhi». Questo gap consiste nello squilibrio tra quanti figli le persone vorrebbero avere e quanti ne hanno effettivamente: ovunque in Europa le ricerche mostrano che le persone vorrebbero avere un po' più di due figli, ma il tasso di fecondità medio in Europa è oggi pari a solo 1,53 figli per donna.
«Vogliamo incoraggiare i politici a progettare misure che consentano alle donne e alle famiglie di avere il numero di figli che desiderano, in modo che non si trovino ad affrontare ostacoli», osserva Emily Tiemman: «Le barriere possono essere finanziarie, possono avere a che fare con il posto di lavoro, possono riguardare la riproduzione assistita. Cosa si può fare?». Il Toolkit risponde elencando una serie di policy e valutandone l’efficacia, guardando «i risultati di diverse politiche implementate nel corso degli anni» e mostrando numeri e «evidenze che provano come alcune di queste politiche possano fare la differenza» .
Naturalmente c’è da considerare l’aspetto economico, «spesso uno dei fattori più importanti agli occhi dei politici», nelle parole di Tiemman: «Vogliamo dimostrare che queste politiche hanno effettivamente un ritorno sull'investimento. Per esempio, le politiche aziendali: consentono alle donne di tornare al lavoro e di contribuire all’economia – altrimenti alcune sarebbero costrette a restare a casa. Lo stesso vale per le politiche sulla riproduzione assistita: più bambini in futuro significano più contributi all'economia».
I governi devono cominciare a ragionare a lungo termine, poiché «se implementano una politica adesso, non necessariamente vedranno risultati nei prossimi anni: questi processi ovviamente richiedono molto tempo per giungere a compimento, soprattutto quando implicano un cambiamento culturale», dice Tiemman, confermando che di solito «uno dei problemi principali rispetto a questo tipo di politiche» è proprio il fatto «che siano a lungo termine».
Però ci sono, a ben guardare, alcune politiche che si sono rivelate un po' più veloci nel produrre risultati: ad esempio, «molti studi dimostrano che fornire servizi all'infanzia ha un ritorno immediato sull'investimento, perché permette che le donne tornino al lavoro», afferma Tiemman, «...e a pagare le tasse! Quindi in alcuni casi l'effetto può essere un po’ più immediato: ma questo [l'immediatezza del risultato] non può essere l’unico elemento su cui mettere a confronto le politiche, perché implementare i servizi all’infanzia non è necessariamente più importante di ampliare l'accesso ai trattamenti per la fertilità. Quindi il messaggio dev'essere: non vedremo risultati immediatamente, ma vale comunque la pena di attuare queste politiche, e alla fine il cambiamento arriverà»: i politici «devono solo accettare di dover attendere».
Il Toolkit presenta una panoramica di ciò che è già stato fatto in Europa e in altri Paesi occidentali per migliorare la natalità, valutando l’effetto che queste politiche hanno avuto fattivamente sui tassi di fecondità. Fornisce anche una "call to action" basata su quattro raccomandazioni chiave: dare priorità alla programmazione a lungo termine; investire in servizi di sostegno familiare che siano universali, ben integrati e duraturi; incoraggiare la ricerca e la collaborazione; e promuovere e dare priorità all’uguaglianza di genere. «Sebbene le sfide causate dal calo dei tassi di fecondità in Europa siano significative, non sono insuperabili, se abbiamo consapevolezza degli ostacoli alla genitorialità che puntiamo a eliminare» si legge nel Toolkit: «Adottando un approccio globale e basato sui fatti rispetto alle politiche sulla famiglia e sulla fertilità, i Paesi europei possono creare un ecosistema che sostenga le famiglie e che contemporaneamente affronti le sfide demografiche del futuro». Il Toolkit è scaricabile gratuitamente in pdf qui (disponibile in inglese e francese)
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