In questo episodio parliamo di Costituzione. Cos'avranno mai le Costituzioni a che vedere con la decisione di fare o non fare figli? Qualcosa c'è. La Costituzione italiana per esempio ha un articolo – il numero 37 – appositamente pensato per evitare discriminazioni sul posto di lavoro. Comincia con la frase «La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore», e questo è positivo. (Una divisione squilibrata del lavoro a casa e l'atteggiamento verso un ruolo paritario di donne e uomini possono influenzare l'età a cui si decide di fare il primo figlio, stando alla ricerca “Why do people postpone parenthood? Reasons and social policy incentives” della professoressa Melinda Mills – già ospite in due degli episodi del podcast di The Why Wait Agenda – e altri ricercatori).
Ma poi nel seguito del paragrafo l'articolo 37 sterza decisamente: «Le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento della sua essenziale funzione familiare». La parola “adempimento” implica il fatto che si debba compiere un dovere, e l'aggettivo “essenziale” sottintende che sia impossibile liberarsi da quella “essenziale funzione”. Prendersi cura della famiglia è il più importante lavoro per una donna (non certo dell'uomo), e tutto il resto va in subordine. Non era poi così scioccante settant'anni fa, quando la Costituzione italiana è stata scritta, alla fine della seconda guerra mondiale. Ma adesso la situazione è ben diversa.
L'ospite di questo episodio è Carla Bassu, una delle più giovani professoresse ordinarie di Diritto pubblico comparato in Italia, e paladina della parità di genere. Per anni ha combattuto – e recentemente vinto – la battaglia per cambiare l'ordinamento giuridico italiano e permettere a entrambi i genitori di passare il proprio cognome ai figli.
The Why Wait Agenda l'ha invitata per approfondire la possibilità che quello che è accaduto con il diritto alla trasmissione del cognome possa essere applicato all'articolo 37, che mette le donne lavoratrici in una posizione subordinata rispetto agli uomini lavoratori, che possono lavorare senza essere costretti a ricoprire nessuna «funzione essenziale».
«Questa frase mi fa rabbrividire» dice Bassu: «Ma dobbiamo considerare il contesto in cui è stata formulata. Riflette il background storico e culturale» dell'Italia di quell'epoca: «Nel 1948, quando la nostra Costituzione entrò in vigore, la maggior parte delle persone aveva difficoltà a riconoscere che le donne potessero avere un ruolo anche al di fuori del focolare domestico». Quindi, dato che la Costituzione italiana come tutte le costituzioni è un documento storico, riflette semplicemente lo spirito del tempo.
Ma oggigiorno molto si può fare, spiega Bassu, «attraverso l'interpretazione» della Costituzione, e «attraverso l'educazione» delle nuove generazioni alla parità di genere e alla genitorialità condivisa. Perché, se forse dare la colpa alla Costituzione per il fertility gap – la differenza tra figli desiderati e figli avuti – è un po' eccessivo, certamente la formulazione dell'articolo 37, e la costruzione di realtà che essa suggerisce e rinforza, non aiuta.
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